Effetti sui rapporti di lavoro

Il nuovo Codice della crisi dell’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 12/1/2019, n. 14), in vigore dal prossimo 15 agosto 2020, introduce importanti novità anche per quel che riguarda la gestione dei rapporti di lavoro.
La prima riguarda le condizioni per la prosecuzione dei rapporti di lavoro in caso di liquidazione giudiziale, nonché le modalità e gli effetti della loro cessazione. Innanzitutto, viene ribadito il principio (già affermato dall’art. 2119 cc per il fallimento) che l’apertura della liquidazione giudiziale non costituisce motivo di licenziamento. Tuttavia l’apertura della procedura produce automaticamente l’effetto di sospendere i rapporti di lavoro in essere alla data della sentenza dichiarativa.

L’espressa previsione dell’effetto sospensivo recepisce un orientamento giurisprudenziale riferito all’art. 72 della legge fallimentare, in base al quale, una volta intervenuto il fallimento, il rapporto era a tutti gli effetti sospeso e i periodi non lavorati non dovevano quindi essere retribuiti (da ultimo, Cass. 22/10/2018 n. 26671).
L’effetto sospensivo automatico non si verifica se vi è esercizio dell’impresa in liquidazione giudiziale da parte del curatore: in tal caso la regola è la prosecuzione dei rapporti, salva comunque la facoltà del curatore di sospenderli o procedere ai licenziamenti.

Il curatore ha quattro mesi di tempo per valutare se sussistono i presupposti per il subentro nei rapporti di lavoro e la loro prosecuzione, consistenti essenzialmente nella possibilità di ripresa dell’attività o nel trasferimento a terzi dell’azienda o di un suo ramo. In difetto di tali presupposti, il curatore procede “senza indugio” ai licenziamenti.
Decorsi comunque quattro mesi senza subentro (che deve essere autorizzato dal giudice delegato) né licenziamento, i rapporti di lavoro sono risolti di diritto, con riconoscimento ai lavoratori dell’indennità sostitutiva del preavviso e della Naspi.

Il termine di quattro mesi può essere prorogato per ulteriori otto mesi con provvedimento del giudice delegato, su istanza del curatore, dell’Ispettorato del lavoro o dei lavoratori, anche singolarmente (ma in tal caso la proroga varrà solo per i richiedenti). Anche in caso di proroga, qualora al termine del relativo periodo non sia stata disposta la prosecuzione di rapporti né siano stati intimati i licenziamenti, i rapporti si risolvono di diritto.

Solo in questo caso, è riconosciuta ai lavoratori, oltre all’indennità sostitutiva del preavviso, un’indennità pari a due mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a due e non superiore a otto mensilità. Sarà interessante al riguardo vedere se tale previsione, dopo il recente intervento della Corte Costituzionale sull’analogo meccanismo di indennizzo previsto per il contratto a tutele crescenti (sent. 194/2018), reggerà ad un eventuale vaglio di costituzionalità.
Durante l’eventuale periodo di proroga, le dimissioni del lavoratore si intendono rassegnate per giusta causa ex art. 2119 cc. Per il caso in cui il curatore proceda ad un licenziamento collettivo, il Codice richiama la procedura della legge 223/91, con qualche semplificazione e alleggerimento.
Le indicazioni prescritte per la comunicazione di apertura della procedura possono essere sintetiche, e la consultazione si intende esaurita qualora, decorsi dieci giorni dal suo inizio, non sia stato raggiunto un accordo sindacale, salvo che il giudice delegato, prima della scadenza, per giusti motivi ne autorizzi la proroga per ulteriori dieci giorni.
Esaurita la procedura, il curatore procede alla comunicazione dei licenziamenti e ad ogni atto conseguente ai sensi dell’art. 4 comma 9 della legge 223/91.
Come in ogni altra ipotesi di cessazione del rapporto prevista dalla norma, è dovuta l’indennità sostitutiva del preavviso che, al pari del TFR, ai fini dell’ammissione al passivo viene considerata come credito anteriore all’apertura della liquidazione giudiziale. Infine, il Codice introduce novità anche in ordine alla disciplina del trasferimento d’azienda o di ramo d’azienda. Anzitutto è prevista una modalità di avvio semplificata della procedura di consultazione sindacale.

In particolare, la comunicazione può essere effettuata anche solo da chi si propone quale acquirente, ed è possibile subordinare l’efficacia degli accordi eventualmente raggiunti nella procedura alla successiva attribuzione dell’azienda al proponente.
Inoltre, sono stati riformati i commi 4 bis e 5 dell’art. 47 l. 428/90, chiarendo definitivamente, anche in conformità con la giurisprudenza formatasi sul punto e con la normativa europea, che nelle ipotesi non liquidatorie tutti i rapporti di lavoro sono trasferiti al cessionario, e quindi le deroghe all’art. 2112 cc sono possibili solo per quanto concerne le condizioni di lavoro e l’esclusione della solidarietà tra cedente e cessionario.

Continua, invece, ad essere possibile, nelle ipotesi liquidatorie (liquidazione giudiziale, concordato preventivo liquidatorio, liquidazione coatta amministrativa), prevedere nell’accordo collettivo un trasferimento solo parziale del personale occupato.

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