La convenzione di moratoria

La convenzione di moratoria: un nuovo strumento per la regolazione provvisoria della crisi

Il Decreto Legge n. 83/2015, convertito nella Legge n. 132/2015, ha introdotto nell’ordinamento italiano un nuovo strumento per la regolazione provvisoria della crisi aziendale, ossia la convenzione di moratoria, ora disciplinata dal nuovo art. 182-septies della Legge Fallimentare.
Secondo la nuova disposizione (art. 182-septies comma 5 l.f.):

quando fra l’impresa debitrice e una o più banche o intermediari finanziari viene stipulata una convenzione diretta a disciplinare in via provvisoria gli effetti della crisi attraverso una moratoria temporanea dei crediti nei confronti di una o più banche o intermediari finanziari e sia raggiunta la maggioranza di cui al secondo comma, questa, in deroga agli articoli 1372 e 1411 del codice civile, produce effetti anche nei confronti delle banche e degli intermediari finanziari non aderenti se questi siano stati informati dell’avvio delle trattative e siano stati messi in condizione di parteciparvi in buona fede, e un professionista in possesso dei requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d), attesti l’omogeneità della posizione giuridica e degli interessi economici fra i creditori interessati dalla moratoria.

La finalità perseguita dal nuovo istituto (invero la riforma non fa che positivizzare uno strumento già applicato in modo diffuso nella prassi), è quella di permettere all’impresa in crisi (ed ai suoi consulenti) di analizzare funditus la fattispecie e di impostare il piano di risanamento, senza subire sin da subito eventuali azioni esecutive e/o cautelari, che di fatto impedirebbero qualsivoglia valutazione ponderata, ossia quella di raggiungere una “tregua” con i principali creditori (di norma i creditori finanziari).

Si tratta, essenzialmente, della medesima finalità perseguita attraverso il ricorso per concordato con riserva (art. 161 comma 6 l.f.). Tuttavia, la non esaustività degli strumenti già previsti dalla legge fallimentare, come, appunto, quelli degli artt. 161 comma 6 (concordato “con riserva” o “in bianco”) e 182-bis comma 6 l.f. (istanza di sospensione formalizzata nell’ambito dell’accordo di ristrutturazione dei debiti), ha portato il legislatore ad introdurre questo nuovo strumento, puramente negoziale, in quanto lasciato interamente nelle mani dell’autonomia privata.

Il tratto tipico della convenzione di moratoria introdotta nel 2015 risiede nella circostanza che essa consente di estendere ai non aderenti gli effetti delle intese che l’imprenditore in crisi perfezioni con i sui principali creditori finanziari; in altri termini, il contratto stipulato con i creditori finanziari (che devono rappresentare almeno il 75% dei crediti della medesima categoria) avrà il potere di spiegare i suoi effetti anche nei confronti di alcuni terzi (creditori non aderenti), e ciò in deroga agli artt. 1372 e 1411 c.c. (principio per cui il contratto vincola soltanto le parti interessate).

In tal senso si potrebbe affermare che la convenzione di moratoria prevede un contratto con efficacia estesa al terzo. Tale particolare effetto, previsto in deroga ai principi generali in materia contrattuale, viene ottenuto semplicemente con il consenso delle parti coinvolte nell’accordo, senza che sia richiesta l’omologazione del Tribunale (che potrà intervenire eventualmente solo in caso di opposizione), purché, ovviamente, ricorrano i requisiti previsti dalla norma, posti a tutela dei terzi.

Per quanto riguarda il contenuto della moratoria, l’art. 182-septies l.f. sembra porre alcuni limiti all’autonomia privata: in primo luogo, si deve senz’altro precisare che il contratto stipulato dall’imprenditore dovrà necessariamente avere un carattere provvisorio; in secondo luogo, la legge prevede espressamente il divieto di porre a carico dei creditori non aderenti nuove prestazioni.

Da quanto sopra discende che la moratoria dovrà sicuramente prevedere un termine. Inoltre, il creditore non aderente resterà libero di revocare le linee in essere, anche se non potrà ottenere l’immediato rimborso dei propri crediti, inclusi quelli che dovessero diventare immediatamente esigibili per effetto della predetta revoca.
L’unica eccezione è costituita dai contratti di locazione finanziaria, con riguardo ai quali l’imprenditore sembra poter continuare a godere del bene, nonostante il congelamento dei canoni.

Autore: Avv. Riccardo Cammarata